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Figli di puttana nazi-sionisti

I servizi segreti israeliani portano in carcere altri due appartenenti a gruppi estremisti. Ma nulla cambierà fino a quando la violenza dei coloni non resterà strumento politico per il trasferimento forzato dei palestinesi.

della redazione

Gerusalemme, 5 agosto 2015, Nena News – Ieri a quasi una settimana dal rogo di Duma, dove è morto il piccolo Ali Saad Dawabsha, un anno e mezzo, un secondo sospettato è stato arrestato dai servizi segreti interni israeliano (Shin Bet). “Un secondo individuo, Eviatar Slonim, è stato arrestato per l’appartenenza ad un’organizzazioni estremista”, ha detto ieri una portavoce dello Shin Bet, senza però fornire ulteriori dettagli sulle accuse mosse all’arrestato.

Lunedì erano state strette le manette ai polsi di Meir Ettinger, nipote di Meir Kahane, fondatore del gruppo Kach, anti-palestinese e razzista. La corte ha prolungato la sua detenzione di un’altra settimana perché accusato di “crimini nazionalisti”.

Vista per ora la mancanza di accuse legate al rogo di Duma, i sospetti sono in prigione in detenzione amministrativa, nota misura cautelare abusata dal sistema giudiziario israeliano nei confronti dei palestinesi: prevede l’arresto e la detenzione per motivi di sicurezza, senza accuse ufficiali né processo. Ad oggi sono 379 i palestinesi detenuti in un carcere israeliano in detenzione amministrativo, su un totale di quasi 6mila prigionieri politici.

Ieri sera il ministro della Difesa Moshe Yaalon ha spiccato un ordine di detenzione amministrativa di sei mesi contro un terzo sospetto, Mordechai Mayer, colono israeliano di Ma’ale Adumim accusato di “partecipazione in attività terroristiche e attacchi terroristici”. Secondo i media israeliani, potrebbe essere tra i responsabili dell’attacco contro due chiese, a Nazareth (la Chiesa della Moltiplicazione) e a Gerusalemme.

Il pugno di ferro di Tel Aviv ha un obiettivo chiaro: mostrare alla comunità internazionale, che ha espresso sdegno per la morte del piccolo Ali, che il terrorismo ebraico – come lo ha definito il premier Netanyahu – è nel mirino. Tre estremisti sono in prigione ma la polizia non li ha ancora collegati all’attacco contro la casa della famiglia Dawabsha. Tanto da far dire all’avvocato di Ettinger, Yuval Zemer, che non esiste alcun file che colleghi il suo cliente all’incendio.

Zero tolleranza è il nuovo mantra del governo israeliano.

Eppure i crimini odiosi compiuti da gruppi estremisti, razzisti e nazionalisti nei Territori Occupati, ma anche in territorio israeliano, contro villaggi palestinesi, chiese, moschee, non sono una novità. Non sono cominciati venerdì, con l’incendio di Duma, ma sono strutturali. Da anni i palestinesi denunciano le vessazioni dei coloni, dalle aggressioni fisiche alle persone agli incendi di campi coltivati e oliveti, dagli attacchi contro simboli cristiani e musulmani agli omicidi. Denunce che finiscono nel vuoto: secondo l’organizzazione israeliana Yesh Din, “solo l’1,9% delle denunce presentate portano all’apertura di un’inchiesta e all’indentificazione dei responsabili”.

Sono dati simili che fanno capire che la tolleranza zero non sia mai stata nell’agenda dei governi israeliani perché tale violenza “civile” è uno degli strumenti per portare avanti l’espulsione e il trasferimento forzato della popolazione palestinese dei Territori. È la seconda faccia della stessa medaglia: da una parte le violenze dei coloni e degli estremisti, dall’altra la confisca delle terre, le aggressioni dell’esercito, le politiche che vietano ricongiungimenti familiari, l’utilizzo delle terre agricole lungo il muro, l’ingresso a Gerusalemme e nel resto della Palestina storica.

Spesso i palestinesi, quando possono, si arrangiano da soli. La scorsa notte i residenti del villaggio di Haris (che ha perso un terzo delle sue terre a favore della costruzione di quattro colonie), nel distretto di Salfit, hanno bloccato l’attacco di un gruppi di coloni. Decine di coloni sono entrati nel villaggio attraverso i campi e sono arrivati vicino alle case. I residenti se ne sono accorti e li hanno affrontati, costringendoli alla fuga. Secondo un abitante, Ahmad Soof, l’esercito è intervenuto proteggendo la fuga dei coloni con il lancio di granate stordenti contro i palestinesi.

Nena News

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