Itiliano - France

Viene dall’intelligence il delfino di Abu Mazen

—  Michele Giorgio, Betlemme,

Palestina. Majid Faraj è il capo del mukhabarat, il servizio segreto. E’ considerato il delfino del presidente palestinese che oggi festeggia dieci anni alla guida dell’Anp. Faraj piace molto agli americani e agli israeliani. Ha aiutato la Cia a catturare Abu Anas al-Libi.

 

Il capo del mukhabarat palestinese, Majid Faraj

 

Majid Faraj. Leg­gendo que­sto nome avete il diritto di para­fra­sare la lapi­da­ria bat­tuta di Don Abbon­dio su Car­neade. Già per­chè Majid Faraj lo cono­scono dav­vero pochi fuori dai Ter­ri­tori occu­pati. Ed è sco­no­sciuto per­sino a un buon numero di pale­sti­nesi. Eppure que­sto nome che non dice molto appar­tiene all’uomo che più di ogni altro, in que­sto giorno in cui Abu Mazen cele­bra (almeno lui) 10 anni di pre­si­denza dell’Autorità nazio­nale pale­sti­nese, metà dei quali oltre il suo man­dato uffi­ciale, appare il più serio can­di­dato a sedersi sulla pol­trona pale­sti­nese che più conta (si fa per dire) e più scotta. Abu Mazen il pros­simo 26 marzo avrà 80 anni e lui stesso ripete di non avere inten­zione di rican­di­darsi. Ammesso che si ten­gano nuove ele­zioni pre­si­den­ziali in Cisgior­da­nia e Gaza di fronte al rie­splo­dere della ten­sione tra Fatah, il par­tito del pre­si­dente, e il movi­mento isla­mico Hamas.

Per­chè pro­prio que­sto Car­neade della scena poli­tica pale­sti­nese sarà, con ogni pro­ba­bi­lità, il futuro capo dell’Anp? Ci sono altri espo­nenti di Fatah più noti e cari­sma­tici. Primo fra tutti Mar­wan Bar­ghuti, il “Nel­son Man­dela” della Pale­stina. Certo, Bar­ghouti è in car­cere in Israele dove sconta cin­que erga­stoli, ma tanti pale­sti­nesi lo amano, lo vedono come il pre­si­dente ideale, anche Hamas lo rispetta e con ade­guata pres­sione inter­na­zio­nale su Tel Aviv potrebbe tor­nare in libertà. Bar­ghouti però ha un “carenza” non insi­gni­fi­cante. Non piace agli Stati Uniti, e Israele non vuole vederlo alla guida dei pale­sti­nesi. Al con­tra­rio Majid Faraj ha il cur­ri­cu­lum giu­sto. È il capo del mukha­ba­rat, il ser­vi­zio di intel­li­gence dell’Anp che coo­pera con la sicu­rezza israe­liana (Shin Bet) in Cisgior­da­nia. Vanta inol­tre una pro­vata col­la­bo­ra­zione con la Cia nello scac­chiere medio­rien­tale – ne hanno rife­rito media ame­ri­cani e arabi — e nel quar­tiere gene­rale di Lan­gley è stato rice­vuto con tutti gli onori per aver con­tri­buito alla cat­tura del lea­der jiha­di­sta, supe­ri­cer­cato dagli Usa, Abu Anas al-Libi.

Da allora la Cia e l’Amministrazione Usa guar­dano a Majid Faraj come il futuro capo dell’Anp. Lo stesso Abu Mazen lo pro­muo­verlo come suo del­fino, anche in fun­zione anti Moham­med Dahlan, il suo nemico espulso da Fatah. Faraj di recente ha svolto un ruolo deci­sivo per il col­le­ga­mento tra l’Egitto e Hamas (ai ferri corti) quando la scorsa estate, durante l’offensiva mili­tare israe­liana con­tro Gaza, la dele­ga­zione pale­sti­nese ha rag­giunto il Cairo per discu­tere le con­di­zioni del ces­sate il fuoco. E quando Moham­med Shtayyeh, perenne nego­zia­tore dell’Anp, decise qual­che mese fa di uscire dalla mini dele­ga­zione dell’Anp (con Saeb Era­ket), for­mata per i nuovi con­tatti con Israele, Abu Mazen lo rim­piazzò subito con Faraj, pare su insi­stenza John Kerry. Un “uffi­ciale e gen­ti­luomo,” i requi­siti ideali per un “part­ner di pace” avrebbe detto Kerry del capo dell’intelligence palestinese.

Eppure il back­ground del Mr. Sicu­rezza dell’Anp è simile a quello di tanti pale­sti­nesi. Cre­sciuto in un campo pro­fu­ghi, Dhei­sheh, — a due passi da Betlemme, visi­tato l’anno scorso da papa Fran­ce­sco –, Faraj fa parte di Fatah sin dall’adolescenza. Atti­vi­sta di Sha­biba, il movi­mento gio­va­nile del par­tito, ha tra­scorso diversi anni nelle pri­gioni israe­liane per la sua par­te­ci­pa­zione alla prima Inti­fada ed era noto come un acca­nito “resi­stente” all’occupazione mili­tare israe­liana. La svolta è avve­nuta con la nascita dell’Anp nel 1994, quando Faraj decise che il suo posto era nel neo­nato ser­vi­zio segreto pale­sti­nese. Per anni ha ese­guito fedel­mente, facendo un rapida car­riera, gli ordini del suo potente coman­dante in Cisgior­da­nia, Jibril Rajoub, tra­volto della seconda Inti­fada e costretto a lasciare l’incarico (oggi Rajoub dirige la Fede­ra­zione Cal­cio Pale­sti­nese ma resta un influente mem­bro di Fatah). Nel 2009 Faraj è stato nomi­nato capo dell’intelligence.

Abu Mazen, stando alle voci che abbiamo rac­colto tra i diri­genti di Fatah, intende pro­muo­vere l’ascesa di Faraj al pros­simo con­gresso del suo par­tito, oltre a “dimis­sio­nare” i fede­lis­simi di Dahlan dal Con­si­glio Rivo­lu­zio­na­rio e dal Comi­tato Cen­trale. Quando avrà ini­zio il con­gresso però non è chiaro. Doveva tenersi a fine mese, ora si parla di aprile. Faraj ha pazienza, sa aspet­tare. Lo pre­oc­cupa solo una cosa: le inces­santi mano­vre die­tro le quinte dei suoi com­pa­gni di Fatah. Piace a Usa e Israele ma non tutto il par­tito vuole vederlo presidente.

http://ilmanifesto.info/viene-dallintelligence-il-delfino-di-abu-mazen/

اترك تعليقاً